Un arcipelago di isole verdi fra le rocce

Vegetazione d'alta quota

Un arcipelago di isole verdi fra le rocce

Le piante che vegetano nei luoghi più impervi, fra rupi e detriti devono sapersi accontentare di poco suolo, e instabile.

Berardia, pianta dei ghiaioni calcarei | Archivio APAM, G. Pallavicini

La morfologia dei rilievi d'alta quota è spesso aspra e rocciosa. Il tappeto continuo di erba presente nella fascia subalpina, lascia infatti spazio a un arcipelago di isole e penisole verdi, collegate da corridoi e interposte a conoidi detritici e pareti rocciose. Lo spessore dei suoli varia in funzione della pendenza: tanto più un versante è ripido, tanto meno sarà spesso il substrato. Questo significa che le piante che vegetano nei luoghi più impervi devono sapersi accontentare di pochissimo suolo. Inoltre il tipo di roccia che genera il substrato condiziona molto la vegetazione. I pascoli su substrati calcarei come quelli che si trovano nel Parco Naturale del Marguareis ospitano le fioriture più belle: i colori variano dal bianco al viola, dal blu al giallo-oro. Ancora più in quota, la ricchezza di colori lascia il posto a gruppi di carici (Cyperacee) e erbe (Poaceae), spesso organizzate in cespi più o meno compatti, dai fiori poco appariscenti e ridotti all'essenziale.

Le cime più alte delle Alpi Liguri sono circondate da morene e da conoidi di detrito alla base delle pareti rocciose.
Il paesaggio è molto affascinante e il silenzio è rotto solo dal rumore provocato da occasionali distacchi di sfasciumi, oppure dai richiami dei gracchi che osservano dall'alto i camminatori. La discesa di materiale roccioso causata da agenti atmosferici e biologici, disturba la colonizzazione delle piante. Queste cercano di contrastare il fenomeno con strategie di ancoraggio e consolidamento: detto diversamente, le piante adattate a vivere sui detriti hanno delle radici formidabili.

Nel Parco questi ambienti sono contraddistinti dagli imponenti ghiaioni calcarei del Marguareis e, in minor misura, della Cima delle Saline, ma non mancano i pur ridotti detriti di rocce silicee. Le specie che abitano tali aree hanno una rilevante importanza fitogeografica. Nei ghiaioni calcarei più stabili, troviamo Berardia subacaulis, specie endemica delle Alpi sudoccidentali di antichissima origine, probabilmente presente in queste regioni già prima della formazione delle Alpi. Inoltre, sono rilevabili Campanula alpestris e Allium narcissiflorum, endemiche delle Alpi sudoccidentali, i riflessi sulfurei di Papaver rhaeticum, le poco frequenti Galium megalospermum e pusillum, oltre a Valeriana saliunca e le più diffuse Noccaea rotundifolia, Doronicum grandiflorum, Cerastium latifolium, Adenostyles alpina e Linaria alpina.

Tra i detriti silicei, generalmente meno mobili, si collocano Oxyria digyna, la piccola felce Cryptogramma crispa e anche Achillea erba-rotta e Adenostyles leucophylla, entrambe endemiche delle Alpi occidentali.
Al fondo delle colate detritiche, ma anche in altri ambienti, troviamo conche e avvallamenti dove la neve persiste fino a tarda estate. In tali siti sono osservabili inconsueti salici nani.

Anche sulle ostiche pareti rocciose delle cime più alte del Parco, apparentemente inospitali e brulle, si è adattata a vivere una vegetazione, ricca di specie rare o endemiche, specializzatasi a sopportare condizioni ecologiche estreme. Infatti, in questo habitat rupestre, le condizioni climatiche sono davvero inclementi: l'escursione termica giornaliera e stagionale è notevolissima, gelo e vento sono sempre intensi. Come se non bastasse, scarseggiano accumuli di particelle terrose utili al radicamento delle piante e la natura stessa delle rocce, a volte, ne contrasta la colonizzazione. Gli stessi agenti atmosferici, però, con l'azione disgregatrice sulle rupi, consentono la formazione di fenditure dove le casmofite, così si denomina la flora rupicola, cioè le piante delle fessure, possono penetrare con le loro sviluppatissime radici. Ma anche dove sembra mancare ogni forma vegetale e la vita pare arrendersi per cause di forza maggiore, in realtà esistono e resistono delle piante "inferiori", come muschi e licheni che, con particolari adattamenti, riescono a colonizzare persino le rocce più compatte.

Chiaramente sono le rupi calcaree, che offrono lembi di scenari dolomitici al paesaggio alpino del Parco, a essere preponderanti nell'area protetta; in esse si trovano specie di notevole valore quali, oltre alle endemiche già menzionate, la graziosa Saxifraga caesia e la rarissima Saxifraga diapensioides; il minuto Sedum fragrans endemico delle Alpi sudoccidentali. Poi Potentilla caulescens, Petrocallis pyrenaica, le spalliere di Rhamnus pumila, il raro Erigeron atticus e i genepì: gli aromatici Artemisia umbelliformis subsp. eriantha e subsp. umbelliformis. Ricadenti anche nella fascia subalpina abbiamo le endemiche Phyteuma charmelii e Globularia repens, insieme al raro Asplenium fissum e rarissimo Erinus alpinus, sulle rupi nei pressi di Carnino.

Pure i popolamenti rupestri del silice non sono da meno potendo contare su specie come Saxifraga pedemontana o Jovibarba allionii, endemiche delle Alpi occidentali.
Sulle creste accompagnano la flora rupicola entità rare come Astragalus depressuse Oxytropis helvetica.

Ultimo aggiornamento: 07/11/2022

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