Oltre il limite del bosco

Praterie e pascoli subalpini

Oltre il limite del bosco

I pascoli alpini sono stati ricavati dall’uomo a scapito di boschi e arbusteti, che oggi stanno riguadagnando terreno.

Pascoli in quota | E. Piacenza

Oltre il limite del bosco, in quota, si trovano le praterie e i pascoli subalpini.
Come i pascoli montani, quelli alpini sono per la maggior parte artificiali, ricavati dall'uomo per aumentare la quantità di foraggio utile al bestiame, a scapito di boschi e arbusteti: infatti, oggi si assiste in molti casi all'avanzata di rododendri e ontani a danno dei pascoli.

Come sanno bene gli escursionisti dotati di un acuto senso dell'osservazione, i pascoli, per diversità di clima, altitudine, natura e struttura del suolo, nonché per il livello di impatto antropico, possono essere molto diversi fra loro sia per le piante che li compongono sia per l'effetto estetico che ne risulta. Praterie e pascoli fioriti sono uno spettacolo meraviglioso e raccontano, a chi sa "leggerli", molte cose sulla ricchezza e sulle modalità di sfruttamento – equilibrato o meno – del territorio.
Per semplicità, segue qui la descrizione di alcune delle numerosissime specie floristiche presenti, reputate di particolare interesse.

Sono degne di nota alcune specie dei pascoli aridi del Camoussè, in Valle Pesio, come Stipa pennata o Lactuca perennis, le aromatiche Satureja montana (che localmente ha lo stesso nome della cima sovrastante: la Pavarina), Artemisia absinthium e Lavandula angustifolia, le eleganti Anthericum liliago e Aconitum anthora, Matricaria discoidea (nome specifico dovuto alla curiosa forma del capolino), le rare Koeleria vallesiana e Sesleria argentea, l'endemico delle Alpi sudoccidentali Teucrium lucidum, e il comunissimo Narcissus pseudonarcissus, il trombone (o giunchiglia), che fa della Valle Pesio una delle pochissime valli alpine in cui tale specie è spontanea, non sfuggita a coltivazione.

Nei nardeti non troppo sfruttati dal pascolo e festuceti, individuabili da Festuca varia, paniculata e violacea, è facile localizzare, nei primi, Campanula barbata, Geum montanum, Anthoxanthum alpinum e l'officinale Arnica montana; nei secondi Hypochoeris uniflora, Juncus trifidus, Anthyllis montana e vulneraria, Potentilla grandiflora, Dianthus pavonius e le endemiche Veronica allionii e Centaurea uniflora, delle Alpi occidentali.
Nei pascoli a prolungata copertura nevosa troviamo l'Alopecurus alpinus e il fugace Ranunculus kuepferi.

Armonici nei variopinti colori, spesso ondulati dal vento, sono i pascoli su suoli calcarei dove è si possono scorgere le officinali genziane, Gentiana verna e lutea, la delicata Viola calcarata, le endemiche Campanula stenocodon, Dianthus furcatus, Knautia mollis, oltre alle rare Potentilla cinerea, Koeleria cenisia, Anthemis cretica e tante, tante altre specie.

Molte formazioni vegetali di questi pascoli subalpini si elevano alla fascia alpina, con delle variazioni nella composizione floristica. Nel Parco del Marguareis sono predominanti i pascoli alpini su suolo calcareo, che contendono il loro spazio a rocce e detriti. Qui vivono Kobresia myosuroides, Sesleria caerulea e altre piante di sicuro interesse, come la profumata Gymnadenia corneliana, endemica delle Alpi sudoccidentali, o una rarissima orchidea alpina, Chamorchis alpina.
Frequente è la stella alpina, Leontopodium nivale subsp. alpinum.

Al margine dei pascoli, pastori e margari hanno realizzato frugali costruzioni come punti di appoggio per il periodo estivo, nei cui pressi viene ricoverato il bestiame di notte: sono quelli che nella parlata locale si chiamano giàs, "alpeggi". In corrispondenza dei giàs, si localizza una flora ben individuabile dagli escursionisti, detta flora ammoniacale; a queste altitudini i processi di degradazione della materia organica sono molto lenti e, di ciò, si avvantaggiano le specie resistenti ai sali ammoniacali, che hanno come rappresentante principale il romice (o rabarbaro) alpino, Rumex alpinus, grossa erbacea non commestibile, che assedia in modo caratteristico i ricoveri degli alpeggi.
A questo si aggrega il Blitum bonus-henricus, lo spinacio selvatico, ben conosciuto dai buongustai che lo raccolgono in primavera.
Dove le deiezioni animali non sono così concentrate viene favorita, invece, una flora nitrofila, parente di quella che affolla i ruderi e che, oltre alle ortiche, enumera il velenoso Veratrum album, Geranium phaeum, Myrrhis odorata, Silene dioica e la bella e rara Malva moschata.
Questa flora viene esaltata in un ambiente spoglio e ostile quale quello carsico: nelle doline e tra i campi solcati della Conca delle Carsene vivono specie eleganti come Aconitum lycoctonum o il rarissimo Delphinium dubium.
È in questo contesto che negli anni Cinquanta del Novecento è stata trovata la regina delle Alpi, Eryngium alpinum, fiore di rara bellezza a rischio di estinzione.

Ultimo aggiornamento: 07/11/2022

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